sabato 16 luglio 2016

La vita attraverso di te (Capitolo 10)

La vita ha più fantasia di noi



Avevo previsto tutto tranne il fatto che tu non avessi nessuna intenzione di lasciarmi.
Deciso d’accordo con il medico: diminuiamo i farmaci fino a completa sospensione, si prova. 

Ormai erano 30 anni che mi curavo, l’ultima crisi l’avevo avuta almeno 7/8 anni prima, per cui valeva la pena tentare.

E così, piano piano, arrivo a non prendere più farmaci in assoluto per sei mesi. Sei mesi di vita seguendo le regole del più grande buonsenso: alimentazione corretta (rispettando le proibizioni dettatemi da un test sulle intolleranze alimentari), sedute quotidiane di yoga per rilassare lo spirito e quietare la mente, un paio d’ore al giorno passate nel mio giardino a godere di un benefico e gratificante rapporto con la natura, sedute quindicinali dalla psicologa volte ad imparare a stabilire un rapporto più “sano” con il mio passato, la mia famiglia, il mondo, me stessa.

Neanche gli svaghi mi sono mancati, in questi pochi mesi ho fatto un paio di viaggi veramente indimenticabili per l’esperienza di vita, i ricordi e il piacere che mi hanno donato.
Certo, il neurologo era stato chiaro: diminuzione delle dosi lentissima, e così avevo fatto, ma al primo accenno, al primo disturbo, si torna indietro.

Gli accenni c’erano, eccome, ma io non tornavo indietro, anzi, proseguivo la mia corsa come un treno impazzito che prima o poi sarebbe uscito dai binari.
Cullandomi nell’idea per me fantastica, che stavo andando avanti senza più farmaci, evitavo accuratamente di pensare ai mille piccoli disturbi che quotidianamente si presentavano e che avrebbero dovuto farmi fare marcia indietro.

Una mattina di settembre, mentre facevo la mia seduta di yoga, mi ritrovo, senza sapere come, faccia a terra con un dolore terribile alla nuca e al torace.Qualcuno aveva “spento la luce” e in un urto violentissimo, mi sono ritrovata a cadere per terra a peso morto, battendo la testa all’indietro.
Questa volta non poteva essere colpa tua, non avevo perso conoscenza ne avevo avuto alcun sintomo che potesse ricollegare la cosa a te: niente convulsioni, era più semplicemente come se la vita se ne fosse andata all’improvviso facendomi cadere come una marionetta a cui hanno tagliato i fili.
Ricordo anche un suono che in quel momento mi ha accompagnato mentre cadevo a terra, come una raffica violenta di vento che mi avesse attraversato il cervello.

Così mi ritrovai, da un momento all’altro, in un letto di ospedale, in osservazione, sottoposta al solito EEG.
Nessuno capì cosa effettivamente mi fosse successo, ma tutti furono d’accordo nel consigliarmi caldamente di riprendere la cura con i farmaci anti-epilettici, pur concordando, i 3 neurologi che mi hanno vista, che la mia caduta non era stata a causa tua.

Così fai un bilancio e realizzi che questi 6 mesi che tu consideravi il preludio di una nuova vita, non sono invece stati altro che una parentesi, una piccola finestra da dove spiare la Claudia che avrei potuto essere e che non sarò.

Avevo iniziato a curarmi che avevo 14 anni, mai nella mia vita ero stata “adulta senza pastiglie”, e così nella vita di tutti i giorni, di quei 136 meravigliosi giorni senza cura, mi sono scoperta a trovare piccole (ma grandi) differenze con la Claudia di sempre, modalità di essere che non conoscevo di me stessa.

Svegliarsi al mattino con la mente lucida, aprire gli occhi senza quello stato di sonno profondo da cui era sempre molto difficile allontanarsi.
Notare con sorpresa che non tremavo più, al contrario di sempre, le mie mani ora erano ferme.
Sembra una cosa di poco conto, ma quando ti senti chiedere dal tuo titolare “come mai tremi così tanto?”, vi assicuro che la cosa assume un fastidio di un certo peso.

Sentire la mente più pronta ad apprendere nuovi concetti, sentirsi la vita in pugno.
Non mi sono mai illusa, in quei 6 mesi, di essere guarita, sapevo che c’eri, ogni tanto ti facevi sentire con piccoli segnali, ma li consideravo un prezzo equo da pagare per poter essere me stessa.
Me stessa senza medicine.
Me stessa con sentimenti, pensieri, sensazioni mie, non derivanti da sostanze chimiche che entrano nel mio cervello, nel mio sangue e nel mio cuore.

Ora ero IO, nel bene e nel male ma non influenzata da niente altro, e questo mi faceva sentire bene, per lo meno, psicologicamente.
Una me stessa che include te la posso accettare, o meglio, che mi piaccia o no la devo accettare, una me stessa che pensa pensieri credendoli suoi ma che così non sono, una Claudia che prova emozioni, paure o sentimenti in parte dettati da sostanze chimiche, NO, non riesco ad accettarlo.

E ora invece dovevo farlo e il comico era che questo retrocedere verso il baratro di una me stessa meno vera non mi metteva al riparo da tutti i rischi, visto che nessun medico imputava a te quella mia strana caduta di settembre.

Avvelenarmi l’anima non mi avrebbe più fatto perdere i sensi a causa dell’epilessia, ma non mi avrebbe messa al riparo da cadute di altro tipo.
Divertente, no?

Claudia Giulietti


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