sabato 10 settembre 2016

La paura preventiva

Ad oggi sono passati esattamente 19 anni dalla mia prima crisi. All'epoca avevo 15 anni. C'è da dire che fin da bimba ho sempre avuto un malessere ogni volta che mi trovavo in un luogo all'aperto e con tanta gente: piazze e cortili, per fare due esempi. Questa cosa si chiama agorafobia, lo scoprii anni dopo, cioè quando uniziarono ad andare di moda i famosi attacchi di panico.



La mia epilessia è stata diagnosticata dopo 14 anni di crisi, periodo in cui ho sviluppato attacchi di panico e poi fortunatamente solo di ansia. Prendo ancora psicofarmaci, ma ora ne prendo solo uno, il clonazepam, che mi dà sollievo quando il cielo è bianco e i fari delle macchine si accendono. Durante il "panico" uscivo di casa solo quando costretta. Brutta vita quella lì: mi fermavo quasi ogni volta nel primo bar che vedevo per chiedere acqua zuccherata e farmi calmare un po' dai passanti di turno.

Tramite varie terapie psichiatriche sono migliorata parecchio, me lo dice affettuosamente anche il mio neurologo, sant'uomo. Ad oggi, a parte andare al lavoro, a fare la spesa, a visitare musei e andare a teatro, non posso fare nessuna altra cosa da sola. Ho paura ancora che possa risuccedere: la maggior parte delle crisi epilettiche le ho avute in mezzo alla strada e, spesso, quando ero da sola.

Ad oggi va decisamente meglio, ma non come va alle persone normali. Ho saputo del convegno di Aebo e ho deciso, con entusiasmo, di parteciparvi, ho pensato che sarebbe stata una prova bella e importante andare da Roma a Bologna da sola. Quindi, ho richiesto di partecipare al convegno e, appena arrivatami l'e-mail di conferma, ho subito comprato i biglietti ferroviari e due notti in una struttura ricettiva, entrambi non rimborsabili, così - in caso di ripensamenti - il portafogli mi avrebbe ricordato che stavo buttando dei soldi.

Ebbene, i ripensamenti sono arrivati. Ho pensato che vivo da sola, non ho una famiglia di cui prendermi cura né affettuosamente né economicamente e che quei soldi avrei fatto finta di averli spesi in sigarette e che per punirmi non avrei fumato per un mese. Avrei potuto chiedere a qualcuno di accompagnarmi, ma chi si sarebbe subìto sei ore di convegno?

Ho chiesto a mio fratello, che quando seppe del convegno - mesi fa - fu contento per me, perché mi conosce profondamente e sapeva quanto fossi felice di parteciparvi e che ero coraggiosa. Ieri gli ho chiesto di venire a Bologna con me, ha accettato subito nonostante non sia così favorevole a farsi sei ore di convegno.

Mi vergogno ad avere ancora questa paura, ma come fanno gli altri? Nessuno ha paura che, andando in giro da soli, potrebbero avere una crisi e non essere soccorsi in tempo?

Eleonora Clemm


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