mercoledì 28 febbraio 2018

SPOSSATEZZA E PAURA

Un paio d’ore fa sono caduto dal divano e mi sono rotto gli occhiali, per una crisi.

Nulla di che, in genere. Ma dopo che scrissi, circa una settimana fa, in seguito a un brutto episodio: “Mi sono ripreso”, è iniziato un fuoco di fila (quasi) senza sosta.

Sembra uno schema: da una media di 6/7 il mese a una di 7/8 la notte e 4/5 il giorno.

Numeri pericolosi, perché preludono a un “grappolo”, una sequenza quasi ininterrotta che può durare per ore, anche una notte intera. Uno stato di sofferenza prolungato che lascia il segno.

Così si prova a spezzare il grappolo sul nascere, con dosi di medicine ai limiti dell’intossicazione farmacologica.

Seguono un paio di giorni di faticosa ripresa e poi torna l’ottimismo e la voglia di fare: l’idea e l'entusiasmo, spontanei, che ora verrà un buon periodo … e invece, a questo giro, altre "legnate".

E quest’oscillazione è stata estenuante - non dà tregua.

Si avvicina la notte - il momento di chiudere gli occhi è il peggiore, perché è li che colpiscono di più - e ho paura che inizi il “circolo”, di entrare in un loop d’ansia.

Per stanotte sono “attrezzato”, il mio amico Francesco mi ha fatto un piano d’emergenza, per “step”, di farmaci di contrasto.

Ma la paura non c’è piano o farmaco che la mandi via. Va solo “accolta”, con pazienza e affetto, quando si riesce.

Per il resto, le crisi, non c’è niente da fare, né da capire: il cervello è una scatola nera, e si naviga a vista.

Non rimane che tenere duro, sperando domani mattina di svegliarsi con la solita voglia di giocare la partita del giorno.

Da ultimo, ma non certo per importanza (anzi), c'è da dire che senza la decennale presenza - nel senso forte del termine - della mia compagna - c'è stata sempre, sempre -, sarebbe stata molto, ma molto più dura. Ed è dura anche per lei, perché deve fare i conti con l'impotenza e, pur nella massima prossimità possibile, con la mia solitudine - un compito per certi versi paradossale e con costi emotivi altissimi. A te, amore, il mio ringraziamento più profondo.

Di Ranieri Salvadorini

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